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venerdì 28 ottobre 2011

Conferenza stampa The Lady di Luc Besson

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La conferenza su The lady film di Luc che ripercorre la storia e la crociata politica favore della libertà intrapresa da Aung San Suu Kyi una donna in politica che da anni concilia l'amore per la liberta con quello per la sua famiglia; il film ripercorre la sua crociata per la liberta costata enormi sacrifici personali, una battaglia non violenta ostacolata dalla violenza. 

La conferenza e' andata discretamente bene, le domande sono state influenzate più che altro dalla matrice politica del film, l'aspetto tecnico e' stato poco toccato dalle domande, se non per la domanda da parte della stampa austriaca. 

Si e' insinuata una certa domanda, strizzando l'occhio alla lista degli oscar, Besson punta sul lato umano spiegando il suo amore per la sceneggiatura ma conclude la frase sottolineando quanto possa valere un Oscar per l'argomento trattato dalla pellicola, ammettiamolo... Un attimo di falsa modestia ha colpito il regista francese.

Besson parla dei problemi politici, della rara possibilità di ottenere la democrazia senza provocare distruzione, far nascere qualcosa di nuovo senza schiacciare qualcosa di vecchio e sbagliato, spiega come il vero protagonista nella questione sia il marito, che l'ha supportata in una battaglia così complessa ed universale.

Spiega con sincera modesta che queste vicende di cronaca non aspirano ad educare ed essere presi a modello ma sono talmente grandi e profonde che ne basta la conoscenza a riempire l'ascoltatore.

Il fattore linguistico ha suscitato parecchie perplessità, 
il minestrone linguistico di inglese, birmano e francese non ha convinto del tutto, Besson giustifica la scelta ovvero per non annoiare il pubblico e coinvolgerlo ma dalla stampa si erge un unico brusio: l'apprezzamento per il messaggio ma un po' meno per l'opera.

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aspettando il festival

Il festival del cinema di Roma quest'anno inizia con inspiegabili bandiere del regno unito, sovrastano il tappeto rosso formate da frutta e fiori.
Il senso di tutto ciò non e' ben chiaro, come sempre del resto, quando si parla di Festival del cinema di Roma che con gli anni assume tinte sempre più misteriose per fine o semplicemente...senso.
Purtroppo non ho iniziato il festival con il giusto sprint ero distrutta fisicamente e mentalmente da viaggi in aereo, sbalzi climatici e orari così mi sono persa il film francese La brindille, apripista del concorso Alice nella città ovvero la parte del cinema dedicata ai più piccoli.

Stessa sorte per il fuori concorso The lady di Luc besson, non sono una sua grande fan ma spero di aver la possibilità di visionarlo.

Mi solo persa in una sola mattina anche David, il venezuelano Dudamel: let the children play ed il belga Hasta la vista.

All'una mi attende la conferenza stampa del film di Luc Besson sono molto curiosa nel sentirlo parlare.

A presto...

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Conferenza stampa The Lady video



giovedì 27 ottobre 2011

recensione Hysteria

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Hysteria inizia con un cambio di programma e di sala, organizzazione a singhiozzo si fa sempre notare.

La sala spartana non da giustizia a Hysteria, la trama lascia presagire un dramma inglese sui metodi curativi delle patologie psichiche, leggendo il programma si pensa ad un dramma introspettivo in costume, con dilemmi sull'etica ed il confine della sperimentazione medica; in realtà Hysteria non e' nulla del genere.


All'anteprima stampa alle donne viene donato un sacchettino rosa con una targhetta che riporta il nome del film e sul retro "vibranti emozioni", a tutte le donne spettatrici viene regalato un vibratore da borsetta, la sessualità femminile e' presa con molta ironia, tutte le donne me compresa appena comprendono cosa contenga il sacchetto sorridono, con un poco d'imbarazzo quel tanto che basta per non apparire sfacciata.

Da qui si capisce il punto di vista del film, una commedia perfettamente affine con il tagliente umorismo inglese che ripercorre fatti storici e scoperte mediche di fine ottocento con un'ironia contemporanea.

Tratta la storia della rivoluzione medica di fine ottocento dalla scoperta dei germi all'ossessione per le patologie mentali. L'invisibile ha un ruolo proprio nel film si parla di ideologie come quella socialista, di germi, di effetti collaterali, di malattie psichiche, di indipendenza femminile e di libertà intellettuale.

Il film utilizza gli schemi della commedia per presentare al pubblico problemi spesso poco affrontati, il risultato e' un film che scivola velocemente in modo divertente verso la fine condito ovviamente con piccole scelte puramente intrattenitive.

Rupert Everette per una volta non interpreta lo spigliato amico gay dell'adorabile protagonista ma e' un ricco scapolo amante dell'opulenza e della meccanica, ovviamente molto eccentrico per scelte e gusti che non disdegna la compagnia di personaggi ritenuti abietti dalla collettività.

Il film e' diretto da una donna con una crew quasi completamente al femminile, nomi rosa sulla carta non portano per forza a risultati visibili ma in questo caso un team al femminile ha dato un punto di vista nuovo ed un nuovo tipo d'umorismo alla sessualità femminile.

Un film davvero divertente e frizzante che durante i titoli di coda percorre la storia dei vibratori femminili, insomma... Girl power!



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giovedì 24 marzo 2011

ubaldo terzani horror show

Italy, 2010, - Color - 83'

DIRECTED BY:
Gabriele Albanesi

CAST:
Giuseppe Soleri, Paolo Sassanelli, Laura Gigante, Stefano Fregni, Antonino Iuorio, Francesco Mastrorilli, Zsuzsanna Ripli

SCREENPLAY:
Gabriele Albanesi

Alessio Rinaldi è un giovane regista che sogna un film sullo stile di Bava, ma il suo volere è ostacolato dal mercato; così gli viene affiancato un famoso scrittore horror, Ubaldo Terzani. Man mano Alessio inizia a sognare strane situazioni che confonde sempre di più con la realtà vivendo con lo scrittore. 
Adorabili le magliette e le citazioni di film di nicchia, ma non troppo però al tempo stesso è stata una delusione, mi aspettavo uno splatter di serie B e di splatter c'è stato solo l'ultimo quarto di film, mi aspettavo di più...

North Atlantic

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UK/Portugal, 2010, HD, Color, 14’58’’

REGIA:
Bernardo Nascimento

SCENEGGIATURA:
Bernardo Nascimento

FOTOGRAFIA:
Carlos Catalan

MONTAGGIO:
Sergio Vega Borrego

Un controllore del traffico aereo nell'area dell'isola delle Azzorre, vede un aereo che sorvola pericolosamente verso il faro così lo contatta, inizia tra i due una certa tacita confidenza.
Il cortometraggio più bello tra quelli visti al RIFF colori bellissimi, espressività degli attori è adorabile, le riprese sono molto semplici quasi scontate, da ricordare le riprese tipiche della pubblicità.
Davvero piacevole ed intimista, con le metafore del faro, la notte, il mare agitato ecc...

Under the spotlight

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Turkey- 2010- HD – Color – 58’

REGIA:
Duygu Etikan

SCENEGGIATURA:
Duygu Etikan

FOTOGRAFIA:
Merve Uslucan

MONTAGGIO:
Duygu Etikan, Ayhan Çetiner

Un documentario che tratta perlopiù della danza moderna e jazz, dei ballerini e coreografi che lavorano dietro le quinte, sotto i riflettori ma non hanno la stessa gloria delle star.
La regista ha studiato cinema e danza così ha deciso di unire le due cose, portandosi una videocamera durante le sue audizioni ed intervistando ballerine/i, coreografi.
Il problema vedendolo è che il documentario risulta lungo, lento, ripetitivo va ad indagare solo un unico tipo di danza e di mondo della coreografia, la lavorazione di questo film è durata tre anni per la difficoltà nell'ottenere i permessi nell'immettere immagini di grandi pop star come Beyonce e Lady Gaga.
Il problema è la qualità dell'immagine, le riprese prive di fantasia, ma la limitazione più grande è data dalla stessa regista, parlare solo della propria passione limita lo sguardo critico e non fa sorgere alcuna domanda.
Infatti la regista aspirante ballerina, non indaga generi di provini differenti dal proprio genere, l'unica domanda è: come avere successo in questo campo, ma la risposta è ovvia ovvero impegno passione e soprattutto il tipo di successo può essere anche personale non riconosciuto dagli altri.
La qualità purtroppo è bassa per contenuti e risultati, i tre anni di lavorazione secondo me sono stati decisamente superflui visto che le immagini dei divi non erano fondamentali. E il sogno del "se dai il massimo otterrai la luce"è già stato proposto nei suoi lati positivi e negativi già negli anni 50 e man mano con un pizzico di realismo, qui invisibile.

martedì 22 marzo 2011

Vomero Travel

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Italy, 2010, Digital, Color, 16’

REGIA:
Guido Lombardi

CAST:
“Roca Luce” (Pasquale Fernandez, Giuseppe Capasso, Antonio Conte, Patrizio Mincione), Luigi Vecchiarelli

Vittorio ha 14 anni e vive al Vomero, il quartiere ricco di Napoli; viene presentato studioso, vestito in modo accurato ma ha una passione per il rap e i Roca Luce, poco più che adolescenti e problematici.
Il cortometraggio è piacevole ma dai toni ironici, non so dire con certezza quanto sia voluto questo tono nell'opera. Il finale è un momento assolutamente random dove il protagonista mostra al suo gruppo il ra scritto, dove rappa in napoletano ma con un finto accento milanese (non si sa bene il perchè) ed esaltato dalla sua esibizione saluta il vigilante della metro con  "west coast" dicendo : hey man, a cui è impossibile rimanere seri.

Io sono qui

Italy – 2010- HD – Color – 20’

REGIA:
Mario Piredda

CAST:
Enrico Sotgiu, Fabio Ferro, Enrico Steri, Federico Saba

A livello fotografico si presenta come un cortometraggio piacevole; i problemi nascono quando la macchina da presa è nelle mani del regista, ovviamente è un progetto a basso budget ma viene voglia di regalare 19.90 euro,  al regista pregandolo di comprarsi un trepiedi.
La storia si divide in più tempi: prima, durante e dopo la guerra del Kosovo, la cosa insostenibile è vedere nei cortometraggi italiani dipinti in modo pittoresco, come se fossero dipinti per una commedia caratteriale.
Che bisogno c'è di dipingere realtà italiane in modo stereotipato?
La storia parla di Giovanni che si arruola nell'esercito per fuggire alla realtà sarda priva di futuro per i giovani, ma nella guerra del Kosovo si ammala per l'uranio impoverito.
I costumi sono troppo stereotipati, sembrano usciti da dipinti di paesini italiani visti oltreoceano che appunto si basano su stereotipi e non realtà.
Alcune scene non sono molto collegate come il biliardino, prima della scena finale non è mai usato per caratterizzare il protagonista.
Avrei preferito qualcosa di più vero e meno stereotipato.

lunedì 7 marzo 2011

ex drummer


2006
cast: Dries Van Hegen, Norman Baert, Gunter Lamoot, Sam Louwyck. 
regia: Koen Mortier

Molti critici hanno apostrofato questo film belga come un'opera punk, non sono d'accordo.
Il film parla di uno scrittore famoso che decide di accettare l'invito come batterista in una band: la band è formata da tre membri, ognuno con una disabilità Keon ha problemi di pronuncia e prova un odio profondo verso le donne che spesso stupra e malmena, Jan è il bassista ha un braccio paralizzato per via di uno shock  poi c'è Ivan il chitarrista che dice di essere sordo. Questa premessa sembrerebbe il plot perfetto per una commedia demenziale, questo film invece ha aspirazioni differenti.
L'atmosfera iniziale del film è molto piacevole, ricorda il degrado grigio dell'ambiente anglosassone visto in Trainspotting o This is England la narrazione inizia con la parte migliore del film ovvero la sceneggiatura, la matrice letteraria del film (la sceneggiatura è curata da Brusselmans, autore del libro da cui è tratta) è solida anche se non troppo chiara.
L'uso del carrello per le riprese sembra bandito, alcune sono talmente traballanti che neppure un video delle vacanze di famiglia è così sciatto; la presentazione filmica dei personaggi però è interessante perchè i tre disadattati sono ripresi sempre in modo tale che l'inquadratura sia divisa a metà, probabilmente per sottolinearne lo stato borderline. Il degrado dei personaggi è emotivo e morale, ma reso materiale dai loro logori vestiti come dalle loro abitazioni che sembrano abbandonate da anni totalmente opposta è la casa dello scrittore moderna e lussuosamente minimal.
In alcuni momenti il film appare molto ridicolo, perchè i protagonsti assumono atteggiamenti tipici dell'età adolescenziale con vestiti da ribelle-stereotipato quali il chiodo di pelle e il look da skin, oppure il contrasto generazionale nel tentativo di prevaricare i genitori, il contrasto con l'altro sesso, le prove della propria band in uno scantinato o l'abuso di droghe.
Le scene di Big Dick sono ridicole, nel film si allude abbia questo soprannome grazie al suo fallo di 50 centimetri, le scene del concerto dove un cinquantenne si atteggia da rockstar sono patetiche così come la scena dove mostra il motivo del suo nome, che mostrano tratti parodici degni di Scary movie.

Uno degli intenti del film è nel metterci nei panni dello scrittore interrogandoci riguardo il dolore collettivo, il protagonista ne ripudia l'esistenza; in realtà questo film non provoca nessuna domanda o risposta a riguardo, il risultato è grottesco non è violenza gratuita ma solo uno scimmiottare comportamenti violenti di cronaca o storici, come vestire colui che odia le donne con una testa rasata, rendere gay il personaggio con un forte conflitto con la madre in seguito ad uno shock essendo sorpreso nell'atto masturbatorio. Il sesso infatti è mostrato come un elemento debilitante per Jan o come caratteristica positiva e di rispetto per Big Dick; secondo me non c'è alcuna intenzione critica nel mostrare questi stereotipi, ma la convinzione di mostrare soggetti atipici; lo scrittore è mostrato come sano ed è l'unico che ha un rapporto di complicità con l'altro sesso e non conflittuale. In modo intrinseco il messaggio che involontariamente manda il film è una divisione netta tra giusto e sbagliato; il giusto è incarnato dai personaggi finali, una soluzione semplicistica per dare un "perchè" a meccanismi distruttivi e sociali molto più complessi.
Keon è il personaggio più interessate è l'emblema del sangue, della violenza e della voglia di supremazia, peccato il look troppo scontato che richiama lo stile skin, dai più collegato con il movimento nazi-skin. La parte interessante del suo personaggio sono le sue riprese in solitario, è capovolto con i piedi piantati nel soffitto, modo in cui sono realmente state girate le sue scene.
La colonna sonora è la parte migliore del film molto molto bella.

sabato 5 marzo 2011

Black swan - il cigno nero


2010
cast: Natalie Portman, Mila Kunis e Vincent Cassel
regia: Darren Aronofsky

Prima di vedere questo film me lo avevano raccontato diverse persone e tutte in modo differente, così prima degli oscar volevo assolutamente farmi una mia idea a riguardo.
Dire che Black swan sia un film sul balletto è inesatto. Come in altri film di Aronofsky l'ossessione è un tema ricorrente, il fulcro pulsante del film.
Nina è una giovane ballerina, mira alla perfezione e ne è ossessionata, quest'ambizione è spinta oltre che dal se stessa anche dalla madre, ex ballerina convinta di non essere mai riuscita a raggiungere traguardi solidi per via della gravidanza.
Nina sogna di poter ottenere la parte da protagonista ne Il lago dei cigno, è perfetta per il cigno bianco ma non per poter interpretare quello nero; tuttavia ottiene la parte con l'obbligo di migliorare le sue carenze, questa ulteriore spinta le aumenta lo stress e la ricerca della perfezione in entrambi i ruoli.
Questo film è stato nominato all'oscar per la fotografia, il montaggio, la regia e come miglior film; secondo me la parte che fa fare un vero salto di qualità al film sono le scenografie ed i costumi che possiedono una dovizia di particolari tali che creano un ambiente perfetto per il film, diventano espressionisti senza abbandonare la naturalezza e l'ordinarietà.
Inizialmente Nina veste abiti bianchi o dalle tinte rosa antico, in una delle sue prime scene si sveglia come fosse una principessa disney accarezzata dalla luce naturale e dalle tonalità rosa delle pareti della sua stanza, sulla metro indosserà una candida sciarpa bianca assolutamente ordinaria ma posizionata in modo così sapiente che ricorda le piume di un uccello; un cigno bianco.
Il film si basa sulle tonalità del bianco e nero che fanno da monito per l'emotività dello spettatore inizialmente questi due colori convivono nell'ambiente della danza, negli abiti del coreografo, negli oggetti del suo stesso ufficio che sono esclusivamente di quei colori e geometrici, in contrasto con il bianco e rosa della casa di Nina. L'illuminazione è resa drammatica durante le prove di danza solamente il resto della vita di Nina è girato con luce naturale solare.
Con la trasformazione di Nina verso la conoscenza del cigno nero, come in un film espressionista tutto cambia. Le luci naturali sono abbandonate e si usano sempre luci elettriche d'ambiente per sottolineare che ci si sta addentrando verso qualcosa di oscuro, sottolineato dall'assenza della musica per sentire rumori registrati in presa diretta di passi e porte, per rendere il tutto inquietante e far rimanere all'erta i sensi dello spettatore.
Nina è la perfetta ballerina per il cigno bianco, Lilly è il suo opposto; se Nina è candida, rigida e dai toni perlacei, Lilly è sensuale e perfetta senza sforzo, il suo personaggio è presentato da biti perennemente neri, nella prima parte del film. Con la trasformazione gli abiti di Nina iniziando a tingersi di grigio fino ad avere indumenti neri e tutti gli altri personaggi prima con indumenti prevalentemente in bianco/nero, tendono a schiarirsi. L'atto finale sta nella serata con Lilly dove lei le regala una maglia completamente nera.
A livello tecnico-registico non era nulla di nuovo secondo me, ho trovato pessimi i momenti della trasformazione delle sue gambe in cigno, totalmente fuori luogo, di tanto in tanto le riprese erano addirittura traballanti; la capacità registica di Aronofsky è quella di riuscire a dare spessore a personaggi del tutto marginali come la madre di Nina e Wynona Rider, che colpiscono nonostante le poche battute e apparizioni.
Ovviamente l'interpretazione di Natalie Portman è stata molto accurata, ma continuo a ripetere senza il team di costumi-scenografia-luci, questo film non avrebbe reso alla stessa maniera, sarebbe stato solo un filmetto.

mercoledì 2 marzo 2011

Burlesque


Regia: Steve Antin
Cast:  Kristen Bell,Aguilera Christina, Cam Gigandet,Stanley Tucci, Cher,Alan Cumming.

Cos'è che va di moda ora?
il burlesque!
Perfetto prendiamo due star random e tiriamo su una frociata come si deve.

Credo che sia a grandi linee questo il modo in cui hanno partorito l'idea del film Burlesque. Finito di vedere il film io mi sono seriamente domandata il perchè del titolo, probabilmente io ero abituata a grandi livelli di burlesque show attuali o originali, ma a me questo sembra non abbia nulla a che vedere con il burlesque.
Il film è oltre ogni immaginazione pacchiano e l'ho amato proprio per questo!
Come si poteva richiedere la sobrietà a Cher e la Aquilera?
Il film ha una trama talmente rivoluzionaria che già negli anni 50 era possibile vederla in un film. La talentuosa sconosciuta che sostituisce in emergenza la diva viziata e meno talentuosa, questa opportunità fa di lei una star. In Cantando sotto la pioggia era possibile vedere lo stesso sviluppo.
Il film è una commedia musicale prevedibile del suo finale già dopo i primi quindici minuti, ma il suo cattivo gusto e l'ovvietà secondo me lo rendono un piccolo film gioiello del genere.
Gli interpreti del film non fanno altro che interpretare una sorta della loro stessa parodia nel film, tutti intrappolati in ciò per cui sono famosi (tranne la Bell forse).
Il film inizia in un modo un po' assurdo, i toni, il look, i vestiti lasciano pensare che ci si trovi durante la fine degli anni 70, come testimonia la fintissima parrucca dell'Aguilera, i pantaloni a campana e il look dell'impiegato alla stazione dei bus, peccato che improvvisamente con il successo si piomba nell'epoca contemporanea con cellulari, palazzi a vetro e decappottabili. I costumi perdono qualsiasi senso di naturalismo e sono veramente dei costumi che della sobrietà del burlesque non ne hanno neppure l'odore come una Cher scosciatissima vestita solamente della sua monoespressione targata Botox, o un body per la Aguilera con mani disegnate su seno e sedere per non parlare delle scarpe orribili a tacco rettangolare.
Il film è stracolmo di inquadrature e situazioni ovvie, Cher matrona che non riesce a muoversi, Tucci che fa lo stesso personaggio de Il diavolo veste Prada, l'Aguilera che fa la parte della ragazza con la voce bellissima ma che non se la caga nessuno (cosa che accade attualmente nella sua carriera) e Alan Cummings che ricorda Pee Wee Herman.
Se amate il cattivo gusto Burlesque è il vostro film! lo amerete e diventerà un must per le serate alcoliche ma se cercate un film sobrio, evitatelo perchè l'odierete.

Il discorso del re


2011
regia: Tom Hooper
cast: Colin Firth, Guy Pearce, Helena Bonham Carter, Timothy Spall, Geoffrey Rush


Ha trionfato agli oscar ed ero curiosa. Direi che questo film è davvero adorabile, non credo da oscar ma gli altri in gara... beh nessuno era da oscar.
Si parla del problema di re Giorgio e delle sue balbuzie che hanno spronato un'intera nazione nel superare i propri limiti.
Una commedia storica tipicamente inglese, estremamente sobria nelle sue parti drammatiche, comiche, sentimentali.
Nulla di innovativo da parte della regia, abbastanza agile per un film in costume ambientato durante la seconda guerra mondiale; questi elementi banali e ormai presentati agli occhi del pubblico in tutte le salse vengono risparmiati e presentati in modo marginale e simbolico.
Il film è retto dalla prova attoriale di Firth decisamente bravo che mostra una debolezza che lo rende adorabile, tanto da lasciare intravedere un suo vecchio personaggio, mark Darcy; il film piace in base a quanto sia forte l'immedesimazione tra lo spettatore e il personaggio di Re Giorgio.
Adorabile e delizioso; ma ben lontano da un capolavoro.

Fanboys


(2008)
Cast: Sam Huntington, Chris Marquette, Dan Fogler.
Regia:  Kyle Newman.

Vidi il dvd di questo film in un pomeriggio nuvoloso con G. alla ricerca degli stivali, che fu molto più corta del previsto.
fanboys è il film definitivo, che ogni buon nerd dovrebbe non solo vedere ma avere il dvd. L'immedesimazione è inevitabile! Il film è ambientato nel 1998 l'epoca in cui tutti i fan di Star Wars erano in trepidante attesa dell'uscita del primo capitolo dei prequel ed un gruppo di amici fan decide di riunirsi per il bene supremo... ovvero irrompere a casa di George Lucas per vedere in anteprima il film per un nobile fine, il loro amico Linus è un malato terminale di cancro che non sarà più in vita per la data di uscita.
Il film è la classica commedia da college americana, non aspettatevi nulla di più ma il tutto in salsa puramente nerd, le citazioni sono molteplici. Il panorama nerd viene mostrato su binari saldi, comunemente chiamati clichè, pane di cui si nutre la commedia demenziale, in italia alcune cose saranno poco capite come la diatriba tra Trekkies e fan di Star Wars, se si è fan di una delle due saghe non si può far altro che ridere.
Adorabile il trailer che cita gli attori collegandoli al loro ruolo di maggior interesse, unendo il personaggio all'attore.
Visti i temi trattati secondo me si poteva calcare la mano sulla parodia così come sul legame d'amicizia.
Una commedia leggera e spesso demenziale se vi piace il genere amerete altrimenti no.